IL LOMBRICO
(favoletta in quattro momenti)
(II edizione con qualche correzione rispetto alla prima fatta in gioventù)


lombrico pensa
Il lombrico pensa



Quando il Buon Dio creò fratello lombrico, gli diede il compito d’essere lombrico e di fare, come tale, dei buchi nella terra.

Il lombrico non sapeva bene il perché di quei buchi, ma era talmente contento del fatto che qualcuno si fidasse di lui che si buttò senza tregua nel lavoro di bucare e ribucare la terra a lui assegnata.

Era tale l’impegno che ci metteva che se, invece di essere un lombrichino, fosse stato un lombricone tu e io, oggi, abiteremmo in un cratere e seduti al centro della terra si leggerebbe questa storia.

Ora, guarda l’orologio: le ore passano. Ora guarda il cielo: c’è il sole e poi la luna. Guarda anche il calendario: i mesi scorrono. E, così, molto tempo passò da quel giorno in cui il lombrico iniziò il suo lavoro arrivando, niente meno, che al nostro ieri.

Di ieri e dell’oggi siamo molto esperti e tutti voi sapete come vanno le cose di questo mondo: lavora oggi, lavora domani e il lombrico che credeva d’essere felice perché lavorava, si ritrovava, invece, ad essere sempre più stanco e sempre più triste. La faccenda di non sapere perché scavava e, soprattutto, di avere dimenticato per chi scavava, gli pesava assai: era come un macigno messo al centro del suo cuore.

Neppure un consiglio e neppure un ripensamento, smise di lavorare e metà fuori e metà dentro il buco appena terminato, quasi elegante con la testa coperta da un cono di terra, cominciò a giudicare le cose del mondo.
“Se devo fare dei buchi –pensava- mi dovrei chiamare lombuco ed invece io sono un lombrico”; ragionava, ragionava ed il mondo gli sembrava sempre più stupido, ma questo accadeva solo perché non era felice.

Prese, quindi, una decisione e con essa tutte le cose che gli erano care: la sciarpa, il cappello, il piccone, la carriola; si diede una sistemata agli anelli ed iniziò a strisciare per il mondo, ora diventato molto più vasto, in cerca ... non sapeva neppure lui di che cosa.


lombrico guarda
Il lombrico guarda



Strisciando, strisciando fece con piacere la conoscenza del leone, dell’elefante e del serpente. Quanto erano belli: maestoso il leone, buffo, ma pure grande, l’elefante e quanto al serpente, accidenti, era senza anelli.

lombrico recita
Il lombrico recita



Della gente importante, se vuoi frequentarla, devi guadagnarti l’interesse e questo il lombrico lo sapeva come anche sapeva che non era, certo, cosa facile.

“Ops, scusa sorella rosa, sono solo due i petali, grazie. E tu fratello prato, dei fili d’erba che t’ho preso neppure te ne accorgi per quanti te ne sono rimasti”.

Il gioco era fatto.

“Buon giornoooo, signor leooone”, fece il lombrichino, con voce rauca e con i fili d’erba incollati intorno al capo.
“Come va signor elefante” disse, gonfiandosi il petto, con i due petali di rosa attaccati ai lati della testa.
“Si struscicchia anche stasera?” azzardò con il serpente allungandosi più che poteva.

Passa il leone! Presto, corri (scusate, striscia veloce) dietro al cespuglio e più veloce con quei fili d’erba. Occhio sta arrivando l’elefante, inventa una scusa, saluta il leone e torna al cespuglio, devi metterti i petali di rosa. Attento, attento, via tutto perché dal ramo il serpente vede ogni cosa anche se fa finta di dormire.

“Uffa, ma che vita è mai questa. Non sono nessuno e non accontento mai nessuno”, si diceva il lombrico, ed aveva ragione perché per il leone era spelacchiato, per l’elefante suonava strano un elefante maschio con le orecchie rosa e quanto al serpente, beh lasciamo perdere.
Per il leone, poi, era un leone da barzelletta tanto era piccolo, all’elefante sembrava un giocattolo fatto in Giappone e quanto al serpente, beh lasciamo perdere.

lombrico trova
Il lombrico trova



Lombrichino si sentiva tragicamente triste, sconsolato e pure abbandonato.
Andò alla bottega di fratello avvoltoio, comprò lì due candele e raggiunto il cespuglio iniziò a scavare la sua tomba senza aver dimenticato di piantare vicino le due candele e di lasciare un breve messaggio, a ricordo del suo dolore.

Dentro alla tomba stava ormai pensando al suo triste destino quando, zac, un tonfo, una paura (questa volta da morire davvero) e, vicino, così vicino che un millimetro ancora e finiva stecchito, un becco e un occhio.
“Ehi tu, che ci fai nella mia tomba?”.
“Ho sentito uno sparo e sono fuggito –disse fratello struzzo- e come vedi cerco di nascondermi sotto terra. Ho già provato altre dieci volte, mentre fuggivo, ma non mi riesce molto bene: il muso riesco a cacciarlo sotto terra, ma tutto il resto se ne sta fuori. Come vorrei essere come un lombrico”.

“Un lombrico?”, fece fratello lombrichino assai compiaciuto.

“Sì un lombrico perché loro sotto terra ci stanno benone e nessuno fa piumini per la polvere e bistecche con i lombrichi”.

Qualcuno, in questi giorni, sta raccontando di un lombrichino che gira con due candele spezzate dentro una carriola, altri dicono che c’è pure un piccone dentro a quella carriola e si agitano come dei matti per convincere chi non crede al fatto di un cappello e di una sciarpa che strisciano vicino ai giardini.

Non è certo e non si può mai sapere, ma alcuni (pochi in verità) sono sicuri del fatto che da almeno un mese, di sera, si è tornati a sentire la terra ridere per il solletico, come faceva una volta quando il lombrico scavava le gallerie.
Da un mese comunque, pare sia provato, le sere d’estate sono tornate ad essere le nostre sere d’estate.


dac

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