Avvento

Gioia? (II domenica di Avvento)

Un legame singolare


Nella seconda domenica di avvento si propone il capitolo 1 dal versetto 1 all’8 del Vangelo secondo Marco. Il testo lo trovi qui.

Giovanni il Battista che prepara all’incontro con il Signore, sulle rive del Giordano, citando Isaia, proclama: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Cosa significa raddrizzare e preparare?
Raddrizzare i sentieri non è una cosa che viene dopo l’annuncio del Vangelo: ascolto le parole del Signore e poi sento che devo raddrizzare i sentieri della vita. Sembrerebbe normale fare così, invece Giovanni ci dice che per preparaci all’incontro con il Signore dobbiamo raddrizzare le cose prima.
Possiamo dire, allora, che c’è un raddrizzare del “prima” e uno del “poi”, dove ciò che determina il prima e il poi è chiaramente l’incontro con il Signore.
Il raddrizzare i sentieri del “prima” coincide con la grande domanda sul senso di noi stessi e sul senso dello scorrere dei nostri giorni.
Raddrizzare i sentieri per creare la possibilità dell’incrocio con il Signore ha un contenuto: il senso religioso cioè l’apertura del cuore alla possibilità, allo stupore che interroga, all’orizzonte tenuto sgombro per cogliere attraverso i segni la presenza di Uno che sia la risposta alla domanda della vita. Cioè raddrizzo i sentieri se non ritengo cosa sciocca e da adolescenti pormi la domanda, mantenere nel cuore un’inquietudine che deriva da una fame di verità e di bellezza che le cose che si hanno, sia pure care e custodite, non sono in grado di soddisfare.
Mantenersi in questa tensione e disponibilità non è cosa facile e non è di per sé fonte di gioia, ma lo diventa piano piano quando si è attraversato il deserto delle risposte, il gelo del timore di essere fuori dal mondo e dalla logica condivisa. Diventa gioia quando intravede il senso cercato, ma si tratta di una gioia che rimane potenziale, un poter essere nella gioia. Una gioia assaporata più per “profumo” che per sostanza.

C’è, poi, il raddrizzare i sentieri del “dopo”, del dopo l’incontro con Cristo e la sua Buona novella.
E’ il raddrizzare della conversione continua. Un brano del Magistero di Giovanni Paolo II ti aiuta a comprendere questo passaggio:
“L’annunzio della Parola di Dio mira alla conversione cristiana, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la fede. La conversione è dono di Dio, opera della Trinità: è lo Spirito che apre le porte dei cuori, affinché gli uomini possano credere al Signore e "confessarlo". Di chi si accosta a lui mediante la fede Gesù dice: "Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato".

La conversione si esprime fin dall'inizio con una fede totale e radicale, che non pone né limiti né remore al dono di Dio. Al tempo stesso, pero, essa determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l'esistenza, esigendo un passaggio continuo dalla "vita secondo la carne" alla "vita secondo lo Spirito". Essa significa accettare, con decisione personale, la sovranità salvifica di Cristo e diventare suoi discepoli.
A questa conversione la Chiesa chiama tutti, sull'esempio di Giovanni Battista, che preparava la via a Cristo, "predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati", e di Cristo stesso, il quale, "dopo che Giovanni fu arrestato,... si recò in Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo"". (Redemptoris Missio 46).

E’, questo, il cammino che conduce, rinnova e approfondisce l’incontro con il Signore. La gioia deriva da questo incontro e, nell’incontro, da gioia potenziale, da gioia che potrebbe essere, si consolida in gioia vissuta e sperimentata.
La gioia cristiana non ha molto a che fare con la sensazione emotiva di essere felice, o di essere tranquillo, o in pace con se stessi ed è anche lontana dalla forza imperturbabile dello stoico.
La gioia cristiana è la gioia di un incontro avvenuto e che avviene sempre più profondamente.
Un incontro che non è dato una volta per sempre perché posto dentro un cammino di crescita e di maturazione, un cammino che per la nostra natura è fatto di passi in avanti, di passi indietro, di soste di paura e pigrizia, di riprese, un cammino, cioè, di conversione.
E’ qui che si incrociano paradossalmente due esperienze che sembrano escludersi l’un l’altra: fatica-dolore e gioia.

La gioia deriva dall’incontro vissuto con Cristo e questo incontro chiede la sequela e la sequela chiede l’abbandono di noi stessi, del nostro egoismo, della nostra piccineria, chiede il morire di noi a noi stessi e il morire non è facile, non si muore a sé stessi con la gioia e sorridendo, la gioia la si acquisisce, per dono, nel tempo: più forte diventa il legame con Cristo e più si radica la gioia. La gioia che noi possiamo sperimentare è segno della risurrezione che avviene sempre dopo l’orto del Getsemani e la salita del Calvario. Ecco perché nella vita spirituale la correzione, il percepire il proprio limite, l’obbedienza alla Chiesa non toglie la gioia e non la contrasta. Sarà contraddizione alla gioia emotiva e sentimentale, ma fondamento della possibilità della gioia di sostanza.

Mi è capitato di incontrare persone che hanno saputo attraversare situazioni dolorosissime che le hanno segnate nei sentimenti più profondi. Queste non dicono: “sono sempre stata nella gioia”, ma testimoniano che dentro alla “morte” interiore subita hanno percepito per grazia la presenza del Signore. Nella sofferenza si sono affidate al grande criterio che è Cristo e nell’abbandono dei sentimenti di rivalsa, rancore e vendetta (ed è la seconda morte dopo quella del dolore subito) e abbracciato il perdono hanno conosciuto la gioia della comunione con Dio, una gioia intima più forte dell’incomprensione e del male che tremendamente fedele continuava nella sua opera di afflizione.

Il resto che si può dire o pensare sulla gioia cristiana può rischiare di essere solo poesia pericolosa perché se si tratta di una gioia che alla fine trattiene dalla quotidiana e seria volontà della conversione rischia di essere solo farina del Male il quale sa assumere mille maschere pur di trattenerci dal cammino dietro al Signore e a questo proposito cosa ci sarebbe di meglio del sentirsi in pace e per questo seduti al punto da cacciare via ogni invito al cammino come inopportuna e stonata inquietudine?

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