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CAPITOLO 1
E cadendo a
terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti?". Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce:
"Io sono Gesù, che tu perseguiti!
1. L’esperienza
Saulo di Tarso il figlio di “emigranti” che compie i suoi
studi a Gerusalemme alla scuola di un grande maestro:
Gamaliele, Saulo l’uomo radicato con decisione e fermezza
nella tradizione dei padri, Saulo il fariseo assolutamente
osservante, come racconterà lui stesso, passa attraverso
un’esperienza che capovolge ogni suo precedente modo di
intendere la vita e se stesso.
Il libro degli Atti degli apostoli ci presenta quasi
all’inizio e quasi di sfuggita al capitolo otto Paolo (anzi
Saulo perché al momento quello era il suo nome) mentre
assiste come muto testimone al martirio di Stefano: il
giovane e santo diacono della comunità di Gerusalemme.
Immediatamente dopo lo descrive mentre “infuria” contro la
comunità dei credenti in Gesù e, quindi, nel capitolo nove
lo ricorda quando pieno di certezza e veemenza si presenta
al grande sacerdote perché gli dia le credenziali per poter
intervenire con la forza contro la setta pericolosa dei
cristiani secondo un mandato che vada ben oltre i confini
di Gerusalemme, fino a Damasco a più di duecento chilometri
di distanza.
Lungo quella strada, però, è ghermito da quel Cristo che
non conosceva o che conosceva solo per sentito dire. E’
un’esperienza, penso anche per lui, difficile da esprimere
con parole, si può solo alludere, dare qualche traccia e
per questo si verrà a parlare di voce come di tuono, di
luce, di cecità. Difficile, credo, separare con attenzione
i fatti dalla povertà delle parole umane chiamate a
descrivere ciò che le supera di molto, ma efficaci nel
testimoniare, alla fine, una cosa sola: quel Cristo che
Saulo riteneva morto e sepolto, condannato come meritano di
essere condannati i bestemmiatori, è veramente il Figlio di
Dio e il Figlio di Dio lo aveva cercato, aveva avuto
misericordia di lui.
Saulo fa, così, l’esperienza della misericordia di Cristo
in un modo che lo travolge.
Per riflettere e
meditare:
prima di proporti delle domande per favorire la riflessione
personale, ti vorrei dare un consiglio. Le domande vogliono
essere un aiuto per guardare al positivo, è come se ti
volessero mostrare un orizzonte bellissimo.
Se per caso ti dovessi accorgere che su certi aspetti non
sei dei migliori, non stare lì a guardare il negativo, non
farti abbattere da quello che ti sembra di non riuscire a
fare e soprattutto non sentirti come uno di fronte ad una
montagna da scalare per lui impossibile.
Stai tranquillo qualcosa di buono lo viviamo tutti e per
quello che non c’è è già un inizio sostare un momento su
ciò che potrebbe essere. Al mare si nuota e si fa un
giretto con la barchetta presa in affitto, talvolta, mentre
si gironzola lungo la costa, all’orizzonte lontano passa un
transatlantico, ma non per questo si prende a calci la
barchetta. L’inconsapevole transatlantico passando invita a
riflettere sulla possibilità di un grande viaggio. Al
momento il viaggio non lo si fa, forse non lo si farà mai,
ma guardando l’orizzonte si comincia con il non escluderlo.
E’ già un inizio.
Ed, ora, buon lavoro.
1. Prova a
pensare alla tua storia. Hai un momento in cui ricordi di
aver fatto l’esperienza decisiva di Gesù tale per cui ti
sei deciso/a per Lui oppure sono stati una serie di fattori
che ti hanno portato a lui? Pensa a quei momenti o a quel
momento, poi prova a chiederti se quella scelta è stata
fatta una volta per tutte oppure se l’hai rinnovata, quando
e come. Questo ti aiuterà a ritrovare la “voglia”.
2.
Una seconda domanda: cosa
ha voluto dire e cosa vuole dire per te fare esperienza di
Gesù?
Ora, però, è tempo di fare parlare i testi. I testimoni
sono due: san Luca che riporta il fatto nel Libro degli
Atti degli apostoli e san Paolo stesso.
Le due testimonianze sono, ovviamente, diverse perché
leggono i fatti secondo due prospettive diverse, ma
entrambe interrogano la nostra fede.
2. La
testimonianza
2.1. Ciò che accadde
secondo il racconto fatto da Luca: il ricordo che cerca di
comprendere.
San Luca racconta il fatto per ben tre volte arricchendolo
di volta in volta di nuovi particolari. La prima lo
racconta come si racconta qualcosa di cui si è stati
testimoni o che si è sentito dalla bocca degli stessi
protagonisti. Le altre due lo racconta riportando le parole
di Paolo raccolte in due occasioni diverse: una quando
Paolo si rivolge al suo popolo in una situazione
estremamente drammatica per lui e un’altra volta quando
risponde alle domande di pagani attenti e curiosi.
Noi ci soffermeremo sul primo racconto, ma prima di
leggerlo c’è già qualcosa che è utile sapere perché ti può
aiutare a riflettere e interrogarti.
Nel raccontare i fatti Luca si serve di uno stile, si serve
cioè di un modo definito di scrivere. Questo non ci deve
stupire perché senza pensarci lo facciamo anche noi,
infatti un conto è il modo con cui scriviamo su un
foglietto per ricordarci delle cose, un altro è il modo con
cui scriviamo al sindaco per una richiesta e un altro
ancora è il modo con cui scriviamo ai nostri figli o ad un
amico.
Nel caso del racconto della chiamata di Saulo, san Luca si
serve dello stile anzi addirittura dello schema con cui
nella Bibbia si descrivono le grandi vocazioni, cioè le
chiamate che Dio in modo speciale e solenne fa nei
confronti di alcuni. Potrebbe sembrare un particolare di
poco conto, ma non lo è perché ci spinge a due domande:
per riflettere e
meditare:
Se lo schema
con cui si descrivono le vocazioni attraversa un po’ tutta
la Bibbia descrivere la vocazione di Saulo è un po’ come
descrivere la vocazione del profeta Isaia o di Geremia,
cioè Dio chiama e agisce dentro una storia. Anche il grande
san Paolo, dunque, è inserito in questa storia di salvezza,
neppure lui vive qualcosa di diverso e di estraneo a questo
lungo cammino.
Se Dio, allora, ci parla dentro una storia e se dentro a
questa storia ci raggiunge con segni costituiti da persone
e da fatti, gli spunti che seguono credo possano esserti
utili:
1.
Tutto è frutto del caso o
del tuo impegno o porta in sé il segnale della Provvidenza
che non ti abbandona?
Perché non provi a rileggere questi mesi o alcune svolte
della tua vita attraverso questa buona lente di
ingrandimento: Dio è sempre stato con te e ti ha
accompagnato anche quando non ti sembrava che lo facesse e
ti ha accompagnato perché la tua umanità potesse maturare.
2.
Come Maria custodisci gli
avvenimenti e le parole nel tuo cuore come cose preziose
oppure tutto ti scorre “sulla testa” scivolando
frettolosamente via?
Ed ora le parole del primo racconto fatto da san Luca, per
aiutare nella riflessione, evidenzio le parti che possono
attirare tutta la nostra attenzione. Si tratta dei versetti
del capitolo 9:
1Saulo
frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i
discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e
gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di
essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme
uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che
avesse trovati. 3E avvenne che, mentre era in viaggio e
stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse
una luce dal cielo 4e cadendo a
terra udì una
voce che gli diceva: "Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti?". 5Rispose: "Chi sei, o Signore?". E
la voce: "Io sono Gesù, che
tu perseguiti! 6Orsù, alzati ed entra nella città
e ti sarà detto ciò
che devi fare". 7Gli uomini che facevano il
cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la
voce ma non vedendo nessuno. 8Saulo si alzò da terra ma,
aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per
mano, lo condussero a Damasco, 9dove rimase tre giorni
senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
10Ora c'era a Damasco un discepolo di nome Ananìa e il
Signore in una visione gli disse: "Ananìa!". Rispose:
"Eccomi, Signore!". 11E il Signore a lui: "Su, va' sulla
strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un
tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, 12e ha
visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire e imporgli
le mani perché ricuperi la vista". 13Rispose Ananìa:
"Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il
male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme. 14Inoltre
ha l'autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti
quelli che invocano il tuo nome". 15Ma il Signore
disse: "Va', perché egli è
per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi
ai popoli, ai re e ai figli di Israele; 16e io gli mostrerò
quanto dovrà soffrire per il mio nome".
17Allora Ananìa andò,
entrò nella casa, gli impose le mani e disse:
"Saulo,
fratello mio, mi ha mandato a te il Signore
Gesù, che ti
è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu
riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo". 18E
improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e
ricuperò la vista; fu subito battezzato, 19poi prese cibo e
le forze gli ritornarono.
Considera i vari passaggi:
- Saulo cade da cavallo.
- Lui che andava fiero e forte ora è condotto in evidente e
palese difficoltà. Doveva entrare in Damasco come il
vendicatore, il rumore degli zoccoli del suo cavallo
dovevano incutere timore e invece entra come un malato e
come uno sconfitto.
- Rimane tre giorni e tre notti senza vedere. Tre giorni e
tre notti che ci portano a pensare ai tre giorni in cui il
silenzio del sepolcro racchiuse Gesù.
- Attraverso uno cristiano sconosciuto riceve la forza
dello Spirito che gli riapre gli occhi.
- Saulo quando credeva di vedere non vedeva e quando
diventa cieco inizia a vedere.
- Le parol con cui Gesù si rivolge a Saulo: “Saulo, Saulo
perché mi perseguiti?” rivelano un particolare di non poco
conto: perseguitare la Chiesa coincide con il perseguitare
direttamente Gesù Cristo. C’è “identità” fra Cristo e la
sua Chiesa.
- C’è un grande disegno di salvezza ed è per questo disegno
che Saulo viene chiamato.
I punti elencati sono volutamente schematici perché sarebbe
meglio se tu, ritornando sul brano, facessi il tuo
percorso, ma anche se ridotti così schematicamente hanno la
forza di interrogare:
per riflettere e
meditare:
1. Dove
radichiamo le nostre certezze? Chi ascoltiamo di più per
sentirci tranquilli?
2.
Talvolta nella tua vita
ti sarà capitato di fronte a Gesù di fare resistenza, altre
volte ti sarà capitato di accettare la sua proposta di
amore, ora a distanza di tempo puoi dare una valutazione
più obbiettiva: le cose che hai difeso da Gesù si sono poi
rivelate migliori per te? E quelle per le quali hai ceduto
a Lui?
3.
Anticipando un poco il
tema del capitolo successivo: ti accorgi che la chiesa, la
comunità parrocchiale non sono una dimensione facoltativa
rispetto a Gesù, cioè ti accorgi che come insegna san
Cipriano non
può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre?
Secondo quale sensibilità e delicatezza ti rapporti alla
tua comunità? La senti e la tratti come il Corpo di Cristo
o preferisci seguire logiche mondane di simpatia,
antipatia, ragioni e torti, maggioranza e minoranza?
Quali passi potresti fare per rendere più bello il tuo
rapporto con la comunità?
2.2 Ciò che accadde
secondo la testimonianza di san Paolo: memoria che
custodisce e si lascia interpretare.
Cosa avvenne quel giorno quando Saulo udì la voce?
Il fatto lo conosciamo, lo abbiamo ascoltato da san Luca,
ma ciò che avvenne nel cuore lo può dire solo san Paolo e
lo farà in un passaggio di una lettera che scrive alle
comunità che aveva fondato nella regione della Galazia e se
vuoi alleggerire un attimo la fatica che stai facendo nel
riflettere ti piacerà sapere che gli abitanti della Galazia
erano di stirpe celtica anche se, naturalmente, questa loro
ascendenza non deve renderceli né più simpatici, né più
antipatici.
Comunque tornando alle cose più serie, in quella lettera
Paolo in poche righe dice ciò che gli accadde: fece
un’esperienza indimenticabile, l’esperienza di essere
afferrato, “catturato” dall’amore di Cristo. Dopo
quell’esperienza Lui non si sentiva e non poteva più
sentirsi quello di prima perché ormai tutto si doveva
ricondurre a colui che lo aveva cercato, raccolto e
chiamato:
“sono stato
crocifisso con Cristo e non sono più io che
vivo, ma è Cristo che vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo
nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se
stesso per me” (Galati 2,20)
Non basta, san Paolo ci fa partecipare
ancora di più al suo “cuore” e arriva anche a dirci cosa è
stata per lui quella luce che lo accecò. Lo dice in un
passaggio della seconda lettera che inviò alla comunità che
stava nella città di Corinto:
6E Dio che
disse: Rifulga la luce
dalle
tenebre, rifulse nei nostri
cuori, per
far risplendere la conoscenza della gloria divina che
rifulge sul volto di Cristo. (2 Corinti 4,6)
La luce lo
accecò perché gli tolse d’un colpo le antiche certezze
lasciandolo nel brivido della sospensione e del non sapere.
Una luce che piano, piano attraverso il ministero della
comunità cristiana divenne luce che illumina.
L’amore di Cristo che abbraccia è una luce che dà contorni
precisi ad ognuno, ad ogni cosa e alla vita tutta.
Per riflettere e
meditare:
in base
a cosa giudichi, leggi, cerchi di comprendere te stesso,
gli altri le cose della vita? In base a quali criteri
orienti le scelte della tua vita? Da dove ti viene la luce
con cui illumini i passi del tuo cammino nella vita?
A questa “presa” di Cristo corrisponde, in san Paolo,
l’esperienza di una vita che trova un punto intorno a cui
unificarsi.
Chi sei? Quando reciti? Quando sei te stesso?
E’ il problema della nostra identità che possiamo trovare
non in ciò che sembriamo, ma in ciò che siamo e san Paolo
in Cristo trova ciò che riordina la sua vita, che le dà
armonia perché in Lui, finalmente, vede ciò che è
fondamentale, ciò che è il primo dei comandamenti e il
primo dei comandamenti si precisa davanti ai suoi occhi
anche a partire da quell’inizio, da quella caduta da
cavallo.
Quel giorno lui, il violento, il persecutore, ma anche
l’inflessibile che per obbedienza a Dio sa piegarsi con
fiera volontà a tutte le prescrizioni della Legge, prova e
sperimenta una nuova dimensione, la dimensione dell’Amore:
un amore che ha saputo fargli violenza, vincerlo e
conquistarlo.
Ora tutto viene letto in forza di quell’esperienza e tutto
mostra la sua relatività e la sua pochezza: non c’è altro
da vivere se non la logica dell’amore, un amore però non
misurato sui contenuti della povera esperienza umana, ma
sull’infinito dell’Amore che è Cristo. In Cristo Paolo
cresce nella consapevolezza che amare è decisione a
“morire” perché l’altro impari ad essere.
“e alcuno
ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui:
5circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della
tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla
legge; 6quanto a zelo, persecutore della Chiesa;
irreprensibile quanto alla giustizia che deriva
dall'osservanza della legge.
7Ma quello che poteva
essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a
motivo di Cristo. 8Anzi, tutto ormai io reputo una
perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo
Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte
queste cose e le considero come spazzatura, al fine di
guadagnare Cristo 9e di essere trovato in lui, non con una
mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che
deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che
deriva da Dio, basata sulla fede. 10E questo perché io
possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la
partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme
nella morte, 11con la speranza di giungere alla
risurrezione dai morti. 12Non però che io abbia già
conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione;
solo mi sforzo di correre per conquistarlo,
perché anch'io sono stato
conquistato da Gesù Cristo. 13Fratelli, io non ritengo ancora
di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del
passato e proteso verso il futuro, 14corro verso la mèta
per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù,
in Cristo Gesù.” (Filippesi 3,5-14)
Infine occorre che tu ricordi che ciò che è accaduto in
Paolo non è un salto ma una pienezza, un compimento,una
tappa di un lungo cammino personale, infatti Paolo non
parlerà mai di conversione preferendo la parola
rivelazione:
15Ma quando colui che mi
scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia
si
compiacque 16di rivelare a me suo Figlio
perché lo annunziassi in
mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,
17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli
prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
18In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per
consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni.
Per riflettere e
meditare:
la tua
vita spirituale è un cammino che prosegue nella costanza e
nel coraggio oppure è una serie di salti un po’ avanti e un
po’ indietro?
3. Conclusione che non
vuole concludere
Il titolo del nostro primo incontro era la domanda che
Saulo pose alla voce che lo chiamava sulla via di Damasco:
“chi sei Signore?”
E la risposta?
Abbiamo fatto un piccolo percorso che può ofrire alcuni
elementi per poter rispondere alla domanda, ma perché
rispondere attraverso le parole scritte sulla carta?
Sperando che ciò che ci siamo detti ti possa aiutare a
leggere nel profondo di te, lascia che la domanda risuoni
ora in te: “Chi sei tu Signore per me?”
E’ una domanda che un grande santo si pose con parole di
tale profondità e umanità da commuovere anche il cuore più
freddo:
“Chi mi farà
trovare quiete in Te, chi ti farà venire nel mio cuore a
ubriacarlo? Che io dimentichi i miei mali e abbracci
l’unico mio bene: Te. Che cosa sei per me? Abbi pietà di
me, lascia che parli. Che cosa sono io per te, perché tu mi
ingiunga di amarti e t’accenda d’ira contro di me se non lo
faccio (…)
Un po’ di indulgenza, ti supplico: mio Signore, dimmi cosa
sei per me. Dillo a quest’anima: sono la tua salvezza.
Dillo in modo che io l’oda. Ecco, sono davanti a te le
orecchie del mio cuore: aprile e dillo all’anima, sono la
tua salvezza. E io correrò dietro a questa voce e ti
troverò.
Non celarmi il tuo volto: io morirò per non morire, e
vederlo.
(S. Agostino, Confessioni 5,5)