Chi è il Consigliere

Il consigliere è una persona assolutamente normale che percorre il suo cammino di conversione.
Non ha dunque consistenza la facile obiezione: non sono all’altezza, o non sono capace, e questo per due motivi.
Primo perché il Consiglio non è composto da persone speciali e il parteciparvi non comporta e non richiede delle qualità e delle competenze particolari.
Secondo perché chi agisce è sempre lo Spirito Santo (se siamo umili almeno quanto basta per lasciarlo fare) e non le nostre doti personali, doti che peraltro lo Spirito Santo sa come e quando valorizzare e soprattutto sa verso cosa incanalare.

Ciò che conta, nella normalità della vita, sono delle attenzioni altrettanto normali, ma che certe consuetudini tipiche delle parrocchie possono fare sembrare eccezionali.

1. Il Consigliere è un uomo o una donna battezzato, cresimato, che, partecipando all’eucaristia, ha una forte coscienza di appartenenza ecclesiale.

2. Il Consigliere ha a cuore non le sue idee e il suo amor proprio, ma il bene della comunità di cui si mette al servizio.

3. Per questo il Consigliere è lontano e fugge da ogni logica di divisione, di appartenenza a gruppetti e a legami di stima personali e a questi antepone l’unità.
Benché eletto sa di non rappresentare i suoi elettori perché eletto a un servizio di discernimento nello Spirito e non di potere.

4. Il Consigliere non considerando un titolo onorifico la partecipazione al Consiglio pastorale si distingue perché sempre presente alle sedute del Consiglio per le quali si prepara con scrupolo e vi partecipa con attenzione, umiltà, disponibilità cercando di offrire nel modo migliore il proprio attivo contributo.

5. Il Consigliere è sempre in una condizione di ascolto del Signore che è l’unica guida della Chiesa e, in questo senso, di ascolto del Magistero della Chiesa e dei fratelli che compongono il Consiglio stesso.

6. Il Consigliere è una persona inserita nella vita, nella vita della città, nella vita della comunità e, caratterizzata da uno slancio missionario, avverte e percepisce il grido, la domanda, il sogno che è nel cuore di ognuno e, per questo, non ha timore ad affrontare temi e problematiche su cui la comunità cristiana può e deve essere chiamata a discernere.

7. Il Consigliere è, per tutto ciò, una persona aperta che guarda al domani.

8. Il Consigliere è, per tutto ciò, una persona che sa guardare anche al passato per raccogliere ciò che l’esperienza verificata consegna al presente, ma fugge dalle abitudini, dalla ripetitività vuota di significato, dall’osservanza di consuetudini mantenute per pigrizia o per compiacenza verso chicchessia.

9. Il consigliere non fa preferenze di persone, non si lascia suggestionare dalla ricchezza, dal potere, dalla vanagloria umana e basa la stima, il rispetto dovuti a tutti in medesima misura, solo sull’unica nobiltà che esiste: la nobiltà che ci ha donato il Signore creando tutti a sua immagine e somiglianza.

10. Il Consigliere pur rifacendosi alla sua esperienza personale evita di assolutizzare tale esperienza. Come esempio per comprendere: se è papà o mamma di adolescenti eviterà di avere attenzione solo per quanto la parrocchia prevede per quella età ed eviterà di giudicare tutto in funzione di quello che viene o non viene fatto per loro.
Pur avendo figli adolescenti saprà essere parimenti attento e sensibile alla pastorale parrocchiale volta a qualsiasi altro ambito o fascia di età.

11. Il Consigliere partecipa alla vita della comunità, ai suoi momenti formativi, celebrativi, a quei momenti, cioé, che l’appartenenza alla chiesa e il discernimento del Consiglio stesso indicano come qualificanti e fondanti.

12. Il Consigliere, soprattutto se sposato, non dimentica di avere una famiglia che da un lato saprà tenere aperta al bene comune, ma che dall’altro custodirà come sua prima vocazione.
Il Consigliere sarà, dunque, attento a non venire meno alla sua vocazione con la “scusa” dell’impegno nella comunità, ma altrettanto non farà diventare la famiglia la scusa per giustificare la rinuncia alla responsabilità del servizio, del discernimento e della carità.

E siamo arrivati a 12 come le tribù di Israele e soprattutto come i dodici apostoli.
Ma quale dodici?
Il dodici che comprendeva anche Giuda?
Oppure quello che comprendeva il sostituto scelto dopo il suicidio di Giuda?

Io propendo per il dodici comprensivo di Giuda.
Il nostro numero lo contiene per due motivi.
Prima per ricordarci la carità che ci deve fare attenti a tutti anche al peccatore.
Se qualcuno fosse uscito con Giuda quando lui se ne andò nel corso dell’ultima cena, forse il tradimento avrebbe potuto essere evitato.
Secondo, per dirci che nulla ci garantisce dalla debolezza e dal peccato neppure le dodici regole: l’identità del Consigliere e la qualità del consigliare è realtà che si costruisce giorno dopo giorno attraverso cuori disponibili alla conversione e sufficientemente umili da riconoscere il corteggiamento del peccato.